Todd Haynes, incontro col regista di Carol


Curioso. «Quello serve a registrare? Wow!». Todd Haynes sgrana gli occhi alla vista del minirecorder che gli ho messo sotto il naso. Todd Haynes me lo leva di mano e lo rigira con avidità infantile. «So cool! Basta infilarlo nella presa usb per caricare la batteria?». Se non fosse fuori produzione glielo regalerei. L’incontro con un regista come lui vale molto di più. A combinarlo ci ha pensato Persol, guadagnando un ulteriore motivo di gratitudine da chi ha schivato un’adolescenza da geek montando lenti da miope su iconici occhiali da sole. L’occasione l’ha fornita il secondo appuntamento di Persol Magnificent Obsessions – 30 Stories of Craftmanship in Film, evento che celebra l’ossessiva meticolosità celata dietro alcune scene leggendarie del cinema. Quest’anno, anche Haynes ha dato il suo contributo alla mostra allestita al Museum of the Moving Image, in una New York che ha quasi finito di gentrificare Brooklyn ed è passata già al Queens: un postaccio, ai tempi in cui a Eddie Murphy rubavano i bagagli ne Il principe cerca moglie. Alla mostra Haynes ha esposto quelli che forse per lui sono solo vecchi appunti da riporre in uno scatolone in soffitta, ma per i cinefili rappresentano una reliquia inestimabile: una serie di “palette” con tante annotazioni a prima vista incomprensibili, poi sorprendenti.

Perfezionista. Si tratta di meticolosi promemoria grafici, spennellate di colori che il Todd Haynes ha tracciato su carta prima di girare Lontano dal paradiso (protagonista la sua musa, Julianne Moore), e riprodotte fedelmente nelle luci di ogni scena. Tinte ipersature in technicolor come nei melodrammi di Douglas Sirk, regista tedesco anni 50 da cui Haynes trae spesso ispirazione, per spostarsi periodicamente nell’iconografia musicale, con Velvet Goldmine e Io non sono qui. «Todd è un artista visivo», dice il suo scenografo Mark Friedberg. «Ha già tutto il film in testa prima di girarlo». E le idee, nella testa del visionario, assillano il creatore chiedendo di essere date alla luce. Ossessione positiva? «Certamente! Rivivere e rielaborare un brutto ricordo, anche in modo bizzarro, spesso aiuta a risolvere una disagio psicologico», conferma Todd Haynes. «Ma non tutti ne hanno l’abilità, o non si trovano nelle giuste circostanze. Oppure mancano di incoraggiamento. Io mi sento immensamente fortunato di poter tradurre le mie ossessioni in arte». Ma non tutte le ossessioni sono positive. (continua a leggere su Marie Claire)