Intervista a Stefano Accorsi


Visto il successo della fiction 1992 su Sky Atlantic, vi ripropongo una bella intervista che Stefano Accorsi mi ha rilasciato nel 2014.

Prima l’esordiente che si fa notare in uno spot e “che si farà”. Poi l’attore che tutti i registi vogliono, con la faccia da simpaticone che piace alle donne, ma che ci viene portato via da una francese (è stato un specie di sortilegio di inizio millennio, quello per cui le star francesi volevano gli italiani migliori). Ora la vita di Stefano Accorsi ha imboccato una fase completamente nuova, quella dell’ex ragazzino che ha soddisfatto i desideri basic, compreso quello di essere un papà perfetto (task ancora in corso), e si toglie sfizi dell’anima, probabilmente rimandati da tanto.

Dopo l’esordio alla regia col cortometraggio Io non ti conosco (andato in onda su Sky Cinema1), Accorsi è la voce di un audiolibro appena uscito, I sonetti di William Shakespeare (Emons), e nel frattempo è in teatro con Giocando con Orlando, libera rivisitazione, con Marco Baliani, dell’Orlando Furioso. Un’operazione dall’effetto insperato: il tutto esaurito costante per un autore di cinque secoli fa, in un’Italia che non legge e non studia più. L’anno prossimo Accorsi porterà in teatro anche il Decameron, sempre con Baliani. Operazioni culturali (senza sovvenzioni statali) che passano attraverso un personaggio popolare e riavvicinano il pubblico ad aree dell’intelletto in crisi, divertendolo. Ne parliamo direttamente con lui, mentre si prepara ad andare in scena in una Genova flagellata senza pietà dal vento.

Sta volgendo lo sguardo al passato?
Ma no, è che i grandi capolavori sono sempre vivi, vibranti, attuali. Per questo sono arrivati fino a noi. L’Orlando Furioso è talmente ironico e raffinato che non perderà mai smalto. Poche opere raccontano l’amore, la tristezza, il tempo che passa e il pensiero umano allo stesso modo, e il discorso vale anche per Shakespeare. Non voglio fare paragoni superficiali, ma si tratta di due autori che sapevano parlare all’esser umano. E poi, è bello riscoprire i versi. Per me è una scoperta tardiva, ma molto sentita. Mi piace recitarli, assaporarli. Con Baliani, con cui ho instaurato una grande complicità, li usiamo per fare scaramucce sul palco e la gente si diverte. Il discorso vale anche per i Sonetti, presto registrerò ancora della poesia per Emons. Raccontare in versi, secondo me, tocca in chi ascolta delle corde nascoste. (continua a leggere)