La parità di genere uccide l’amore?


La parità di genere. Se state leggendo queste righe vuol dire che tutti i 1465 asteroidi sfrecciati in prossimità della terra negli ultimi mesi sono stati schivati. I catastro-complottisti possono quindi tornare a dedicarsi alle altre, subdole calamità ancora all’attivo che (ma, davvero?) contribuiranno alla scomparsa dell’umanità. Nell’ordine, rarefazione degli spermatozoi, che a forza di dimezzarsi di densità pare siano destinati in due secoli a fare la fine della particella di sodio, epidemie che si riacutizzano secondo la configurazione politico-economica, il precariato (uno dei contraccettivi più efficaci dei paesi industrializzati), ma soprattutto le svariate cause di calo del desiderio. La più recente (che potrebbe battere le Birkenstock con calzino), l’ha portata alla luce uno studio condotto dall’American Sociological Association, se continua a parlare ovunque e sta gettando nello sconforto decenni di battaglie per la parità dei diritti fra uomo e donna. Pare infatti che le coppie americane dove vige la parità di genere, quelle che hanno cancellato intenzionalmente gli stereotipi e i ruoli di genere, che si dividono equamente le faccende domestiche, il cambio dei pannolini e l’incombenza di sorbire la recita natalizia dei figli, facciano meno sesso delle coppie “tradizionali”. Con esattezza, 1,5 volte al mese in meno.

Ma come, madame Miriam Gonzalez Durantez, consorte spagnola del vicepremier britannico Nick Clegg ha dichiarato solo poco tempo fa in pubblico che gli uomini che trattano le donne come loro pari hanno i “cojones”. Ma come, credevo che lavando anch’io i piatti sarei stato premiato con notti infuocate (si è lamentato qualche maschietto). Ecco, ve l’avevamo detto che le carte non andavano mescolate (gongola già qualcun altro). Calma. La prima a riprendersi dalla botta e a reagire è stata Lori Gottlieb, la psicoterapeuta di Los Angeles a cui molte sono grate per i due bestseller della serie Sposalo! (Vallardi), guide pratiche per riconoscere il principe azzurro. Sulle pagine del New York Times, Gottlieb ha cercato di analizzare il problema con un lungo articolo e ha subito ricordato che, parlando in generale, il matrimonio non è mai stato un afrodisiaco.

«La correlazione di due elementi non stabilisce la causa», dice. «Senza contare che gli studi riguardanti il sesso sono a volte influenzati dallo stato d’animo del momento: pensate a cosa può rispondere una donna mentre guarda un grande sacco della spazzatura che lui non è sceso a buttare!». Ammette però che dalla sua esperienza di psicoterapeuta, una donna oppressa dai lavori domestici raramente ha voglia di saltare addosso al marito la sera (e questo lo sapevamo), ma non viene nemmeno stimolata eroticamente dall’immagine di lui che strofina la paglietta sulla padella incrostata. Anzi, dalla lamentela di un paziente che aveva percepito un calo di desiderio nella moglie proprio quando aveva iniziato a darle una mano in casa, è saltato fuori che il momento in cui lei si sentiva maggiormente attratta da lui era quando rientrava dalla palestra tutto sudato e con i muscoli gonfi dall’esercizio fisico. Così clichè?

Rapido giro di telefonate fra amiche sposate, e alla domanda «Quand’è che ti attizza di più tuo marito? », la risposta varia dal «Quando torna dal lavoro e viene a baciarmi alle spalle, mentre cucino», a «Quando mette il suo profumo muschiato/al cuoio». Scenari da Mad Men. Forse, si chiede ancora Gottlieb, cerchiamo disperatamente rapporti di coppia progressisti, e poi ci sentiamo a disagio nel gestirli? A pensarci bene, quando compiliamo il modulo d’ingresso sui siti di incontri per cuori solitari dichiariamo di cercare uomini che combacino il più possibile alle nostre passioni, interessi, stile di vita. Ma poi ci facciamo smentire da un famoso esperimento del ‘95 detto “della t-shirt sudata”, per il quale è stato chiesto a un campione di uomini di dormire per tre notti di seguito con la stessa maglietta, fatta poi annusare a un gruppo di donne che dovevano scegliere l’odore più attraente. Neanche a dirlo, ognuna ha pescato quella indossata dall’uomo che era praticamente il suo opposto, fisicamente e come attitudini, uno che non avrebbe mai preso in considerazione. Ma allora, a che gioco stiamo giocando?

«A quello del cosiddetto “rimescolamento genico”», spiega Alberto Caputo, psichiatra, psicoterapeuta e sessuologo. «Tanto per cominciare, c’è una bella differenza fra quello che vuole l’istinto, e quello che dettano le convenzioni sociali. Il primo agisce esattamente come 40mila anni fa, codificando attraverso i sensi, anche dall’odore, il patrimonio genetico dell’altro, che più è diverso, meglio è. L’uomo cerca la donna in salute, che garantisca prole sana (ed ecco perché è più sensibile alla bellezza), la donna cerca l’uomo forte, che protegga lei e la prole quando sono indifesi. Prima il torace più ampio, poi il castello con la torre più alta, poi il suv più grosso. La cosa divertente è che sono gli uomini a prendersela di più per queste regole genetiche». Allora, il femminismo ha sbagliato tutto, dovevamo assecondare i ruoli tradizionali? «No: la coppia che segue solo l’istinto è destinata a logorarsi. Il rimescolamento genico, infatti, costringe la donna a cercare di figliare con un altro partner, dopo un po’ di tempo. Quando le famiglie erano numerose, le probabilità che uno dei figli avesse un padre diverso da quello del resto della prole si impennavano in modo decisivo nel quarto o quinto. Questo perché se l’uomo tradisce in modo seriale, la donna lo fa per il bene dell’evoluzione.

Negli ultimi 50 anni, però, i diritti delle donne si sono equiparati più o meno a quelli degli uomini, e non hanno più bisogno di mettere in atto il rimescolamento genico di nascosto: semplicemente divorziano. Inoltre, la mortalità infantile è calata drasticamente, lei e la prole non hanno più bisogno di essere protetti dalle belve feroci, né abbiamo bisogno di mettere al mondo due figli a coppia, per rimpiazzare se stessi. Per cui la scelta del partner non è più condizionata dai dettami di 40mila anni fa». E ci si può quindi permettere il lusso di sposare qualcuno (mingherlino?) con cui amiamo solo andare al cinema, condividere letture, viaggi, musica. Le affinità elettive non garantiranno notti di sesso selvaggio, ma un lungo cammino mano per mano, quello sì. «Il cervello dell’uomo è “lateralizzato”: tende a privilegiare un emisfero o l’altro», prosegue Caputo. «Le donne, invece, li usano entrambi. Il loro cervello funziona meglio, inutile negarlo. Le coppie multitasking siano quelle in cui il mezzo cervello maschile si adatta a una delle metà di quello femminile».

Ma tutto questo sta accadendo anche da noi? «Quando le coppie italiane vanno in terapia, il sesso è l’ultimo argomento che si affronta», svela Caterina Stasio, psicoterapeuta dell’Associazione Psy di Roma. «Ci si arriva solo in seguito, quando i pazienti hanno preso confidenza con il terapista. E si scopre che la causa dei problemi che sono venuti a risolvere, magari risiede proprio lì. Ma coppie in cui il sesso era calato di frequenza a causa del rapporto alla pari, non me ne sono ancora capitate. Ce ne sono tante, invece, in cui lui si era “spento” quando la moglie lo ha superato in settori che una volta erano appannaggio dell’uomo, come il lavoro. Questo ne mina l’autostima, e di conseguenza, la virilità», tanto che secondo un altro studio, l’uomo che guadagna meno tende a scaricare sulla moglie più faccende domestiche pensando, surrealmente, di ristabilire così i ruoli. Indagando ancora fra uomini italiani accoppiati mi dicono che no, la loro attività in camera da letto non risente nell’aiuto domestico che danno alle moglie e mi elencano i preferiti: preparare la colazione ai figli, sparecchiare e caricare la lavastoviglie (anche se qualcuno non l’accende), buttare la spazzatura. Tutti con una media un po’ saltuaria. Fra loro, nessuno è legato a una donna con reddito più alto, anzi, molte fanno le casalinghe a tempo pieno.

Scopro che a quasi tutti piace fare l’amore dopo una litigata, tranne poche eccezioni, e che a volte hanno messo entrambi in atto lo sciopero del sesso per qualche ripicca. E che un uomo italiano non vorrebbe mai vedere la sua donna fare lavori di fatica esagerata, come sollevare pesi, mentre le donne non vorrebbero vedere lui svolgere le faccende che non gradiscono fare nemmeno loro, quelle che considerano più mortificanti, ma che per loro vanno bene. Molti dei maschi, poi, si lamentano perché le loro mogli ne smorzano l’iniziativa domestica con un «Lascia qua, faccio io che tu non sei capace». E i gay? Spiazzanti: nella coppia interpellata, quello che nella vita fa più spesso le faccende di casa, poi a letto è quello attivo. Pare, insomma, che nel paese col primato negativo europeo di contributo maschile in casa, il problema non sia ancora sorto. Siamo ben lontani dai matrimoni in cui la divisione dei compiti viene decisa a tavolino con una sorta di pre-nup, un po’ freddino. Per il momento approfittiamone prendendoci quel che c’è di buono, non solo a letto. Inteso che se la lavatrice dobbiamo caricarla sempre noi, che almeno lui prenda chiodi e assi, e a martellate costruisca in giardino un gazebo da far impallidire la foresteria di casa Douglas – Zeta Jones. Sudato, sarà anche un bello spettacolo.

(Pubblicato su Gioia; photo Andrei Vishnyakov)