Scambio di coppia: non è più così strano


Lo scambio di coppia è un’attività in crescita. Il momento di stanca, la voglia di trasgredire, un po’ di pepe sul matrimonio insipido. I motivi per cui una coppia varca la soglia (infernale?) del localino per scambisti, o risponde all’esplicita inserzione su internet, sono ufficialmente e ufficiosamente infiniti. Come tenta di spiegare anche una tesi di laurea discussa di recente alla facoltà di Psicologia de L’Aquila, le dinamiche dell’intraprendenza sono molteplici e non esenti da brucianti gelosie. E si disserta ancora se il desiderio di mescolare un po’ le carte sia una devianza, come il senso del pudore suggerirebbe, o il recupero di modalità ancestrali. Come se buttarsi nel mucchio fosse una roba da cavernicoli non monogami, ma salubre come i rimedi della nonna per la tosse.

«È il modo migliore per immunizzarsi dal calo del desiderio», dice Jessica, che quando si è fidanzata in casa aveva 14 anni e studiava ragioneria. Marco è stato il primo e unico amore, senza passare per una via crucis di esperienze fallite. Sposati sei anni dopo (con plotone di parenti), si sono apparentemente avviati verso la felicità coniugale standard, in attesa dell’inevitabile enunciato «siamo l’uno il miglior amico dell’altra». Ovvero: «ormai lo facciamo solo quando la Nazionale vince i mondiali». Ma loro due, nell’89, poggiavano sul comò la telecamerina per riprendersi e rivedersi insieme: «Eravamo dei pionieri», sospira Jessica. Che un giorno scopre l’esistenza di un giornalino chiamato Fermoposta, dove le coppie pubblicano le loro foto a volto coperto e appelli per cercare altre coppie con cui giocare». Ne parla al marito, che dice di sì. «È stata la scoperta di un mondo nuovo, folgorante». Poi, va beh, la loro storia prende un corso atipico. Accettano che le loro performance (con parrucca e barba finta) finiscano in un film porno, vengono riconosciuti nel cinema del loro paese. L’ex ragazzina romantica diventa Jessica Rizzo, florida reginetta del filmetto amatoriale che, una volta appeso il perizoma al chiodo, è tornata alle radici insieme al marito. «Abbiamo appena festeggiato i dieci anni del nostro locale romano Il mondo di Atlantis e sullo scambismo potremmo scrivere un trattato», spiega.

Poi c’è Daniele di Piacenza, bello assai e assai accessoriato, che i locali di scambio di coppia, di alto livello, li frequenta da quando aveva 20 anni. «Ci ho sempre portato le fidanzate, con moderazione. È una droga che dà dipendenza, se cominci ad andarci tutti i weekend vuol dire che stai fondendo. La cadenza giusta è ogni due, tre mesi». Daniele li prova tutti: il Fashion di Milano, il Fermento di Lodi, il Bolero di Bologna, sempre con la morosa di turno. «Non è vero che sono frequentati da gente brutta, senza possibilità. Ho visto un sacco di bellissime coppie», giura. Poi, in un locale incontra Erica, biondina, occhioni da manga. Si scambiano i partner, lui si innamora, le cade ai piedi come una fico settembrino e si fidanzano. Accade l’imprevisto: «Le ho vietato di mettere piede in quei posti. Ho capito che delle donne che ci avevo portato fino a quel momento non me ne importava nulla». La storia finisce perché lei non aspirava alla santità. Sempre meglio della storia di Fabio che porta la moglie in un club di scambio di coppia, a Milano, per soddisfarne la fantasia di farlo con un ragazzo nero. Peccato che un mese dopo, col ragazzo nero ci è andata a convivere.

Poi c’è Lalida, che in un locale di scambio di coppia ci è entrata tre anni fa per seguire un tipo più grande di lei, che venerava. «Aveva la fama di figo e disinibito e non volevo essergli da meno», ricorda. Per quel primo appuntamento fatale segue il dress code: elegante ma provocante. «Mi sono dovuta comprare le autoreggenti e il perizoma perché non ne avevo». All’ingresso c’è un tavolo carico di composizioni di frutta e verdura, spuntini leggeri. Poi un dedalo di sale e salette, con musica e l’illuminazione soft. «Nessuno parlava. Per farlo dovevi accostare la bocca all’orecchio dell’altro». Mentre si tiene per mano col suo bello che le fa da Virgilio, viene approcciata da un cinquantenne. «Mi ha toccata il braccio, una zona non erogena, come imponevano le regole. Ho rifiutato allontanando la mano con gentilezza, un gesto convenzionale che mi aveva spiegato il mio ragazzo. È bastato perché non si avvicinasse più». La coppia con cui si sono poi intersecati l’ha scelta lei. «Ma non è stata un’esperienza esaltante. Ci sono tornata un paio di volte per sfruttare la tessera prima della scadenza. Poi mi sono sposata con un altro uomo che mai porterei a fare scambio di coppia, sono troppo gelosa. Mi vengono i brividi solo a pensarci!». La gelosia, già.

«Si vede subito quando uno dei due è geloso», spiega Daniele. «Conosco un tizio che vietando alla moglie di fare sesso con gli altri, la perderebbe. Fa un po’ pena mentre lei è tutta presa con un altro, e lui le carezza i capelli». Il fenomeno contrario, il marito che se la spassa nel vedere la sua signora in balia di altri uomini, si chiama “cuckhold”, evoluzione del cornuto e contento. «Quando arrivano al mio locale li riconosco subito perché spesso le mogli non sono così entusiaste di assecondarli», spiega Jessica Rizzo. «Ma per amore si fa di tutto. Ne ho viste alcune sacrificarsi con uno bruttino, per permettere al marito di andare con sua moglie, più bella». E secondo Jessica, le cose stanno cambiando. «L’età media degli appassionati di scambio di coppia si è abbassata. Internet ha fatto maturare precocemente i ragazzi e a trent’anni frequentano luoghi che una volta erano appannaggio dei cinquantenni». C’è infine chi dice che la crisi abbia dissuaso le coppie dall’affrontare costosi divorzi tentando la via delle esperienze estreme. « E chi non può permettersi le tariffe dei locali, che si aggirano fra i 50 e i 170 euro a serata, si dà appuntamento a casa, o addirittura nei parcheggi», spiega Daniele. Sempre meglio dell’alternativa che, anni fa, Marco Travaglio illustrò (amaramente) come un modo spiccio per scindere il matrimonio senza troppe conseguenze: uccidere la moglie. No grazie, stiamo fin troppo male così.

(Pubblicato su Gioia)