
I 5 della tragedia del sottomarino Titan erano ricchi viziati in cerca di adrenalina?
Richard Stockton era un businessman di 62 anni che sin da bambino sognava di diventare il primo uomo su Marte. Discendeva da una famiglia facoltosa che si è distinta per il filantropismo – a San Francisco la Louise M. Davies Symphony Hall prende il nome da sua nonna – e in particolare da due firmatari della Dichiarazione di Indipendenza americana. A 12 anni aveva già il brevetto di sub e a 18 quello di pilota. Poi si è laureato a Princeton e aveva preso un Mba. Tutto la sua eredità l’ha sempre investita in progetti per una migliore conoscenza del fondale marino e per la sua salvaguardia contro le trivellazioni selvagge e i disastri ambientali. Ha iniziato a mettersi a disposizione dei ricercatori marini accompagnando molte spedizioni, e nel 2018 ha avuto un’idea per raccogliere fondi da reinvestire in spedizioni: il turismo nelle profondità dell’oceano per vedere il relitto del Titanic. Il suo motto era “Se vuoi solo essere sempre al sicuro, non alzarti dal letto, non salire in macchina, non fare niente. A un certo punto, qualche rischio lo correrai comunque”.
Hamish Harding era un altro uomo d’affari, di 59 anni, il cui evento segnante da bambino era stato lo sbarco sulla luna. Da adulto aveva collezionato una serie di imprese straordinarie visitando aree estreme del mondo che andavano dai deserti infuocati all’Artico. Nel 2019, per celebrare il 50° anniversario dell’allunaggio dell’Apollo 11, ha battuto il Guinness World Record con la circumnavigazione della Terra in 46 ore e 40 minuti insieme a una squadra di aviatori. Nel 2021, insieme a Victor Vescovo si è tuffato nel punto più profondo della Fossa delle Marianne con il Challenger Deep a una profondità di 11.000 m, stabilendo il record per la massima lunghezza percorsa e il maggior tempo trascorso a piena profondità oceanica. Nel 2022 ha messo a disposizione di un’associazione ambientalista, gratuitamente, un Boeing 747-400 personalizzato per trasportare otto ghepardi selvatici dalla Namibia all’India per aiutare un progetto di ripopolazione nell’ecosistema indiano del felino che era estinto dal 1947.
Paul-Henri Nargeolet, 77 anni era soprannominato Mr Titanic perché era forse il massimo esperto del transatlantico affondato nel 1912. Da giovane, in Marina, aveva lavorato come ufficiale specializzato nello sminamento con immersioni a grandi profondità. Negli anni ’80 era invece pilota di sottomarini nel Gruppo di intervento, con cui girava il mondo recuperando aerei ed elicotteri francesi sommersi. Tra i suoi ritrovamenti clamorosi: un relitto romano a 70 metri di profondità, una nave del 1664 vicino Tolone e un aereo DHC-5 Buffalo scomparso in volo nel 1979 con dodici persone a bordo. Ha pilotato diverse spedizioni verso il relitto del Titanic tra il 1987 e 1996 ed è stato il primo uomo nella storia a riuscire a recuperare alcuni degli oggetti a bordo.
Shahzada Dawood, 48 anni, era un ex rampollo di una ricca famiglia di industriali pakistani. Invece di scialacquare il patrimonio di famiglia si era dedicato completamente al lavoro e nel 2012 era stato nominato Young Global Leader dal World Economic Forum. Nel 2020 aveva preso la parola alle Nazioni Unite nella Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza per sottolineare l’importanza e la necessità di spingere anche le proprie figlie verso le materie Stem. Durante la pandemia di Covid 19 ha finanziato un programma di supporto psicologico gratuito per i pakistani in stato di disagio per i lockdown e la paura del contagio.
Suleman Dawood, 19 anni, stuidente universitario, era il figlio di Shahzada Dawood. Non aveva voglia di fare l’immersione nel Titan. Ma vedendo il padre entusiasta, aveva accettato di seguirlo come regalo della festa del papà.
Nessuno di questi signori era un asceta e un santo, è vero. Ma paragonare la tragedia del sottomarino Titan a quelle dei barconi della speranza è un modo per considerare la compassione una coperta corta. Un modo per autodenunciare la propria pigrizia di informarsi. Un modo per dimostrare di essere fra quelli che leggono i titoli e basta. Un modo per cercare di sembrare buoni con poco sforzo. Un modo per cercare di distinguersi sui social facendo l’opposto di ciò che invece detterebbe il buonsenso. Un modo per sembrare incoerenti, perché anche un pilota di Formula 1 rischia la vita senza che la sua passione salvi quelle degli altri. Trattare questi signori come 5 ricchi viziati in cerca di una botta di adrenalina è un modo per infangare il ricordo di tutti quelli che, prima della tragedia del sottomarino Titan, sono morti per il troppo spirito d’avventura.
Sir John Franklin era un ufficiale della Royal Navy britannica. Essere figlio di un ricco commerciante gli aveva reso più semplice la vita, ovvio. Dopo aver prestato servizio nelle guerre contro la Francia napoleonica e gli Stati Uniti, guidò due spedizioni nell’Artico canadese e attraversò le isole dell’arcipelago artico, nel 1819 e nel 1825, per il puro gusto di vedere, scoprire, capire. Durante la sua terza e ultima spedizione, un tentativo di attraversare il passaggio a nord-ovest nel 1845, la nave dove viaggiava rimase bloccata dai ghiacci al largo dell’isola di King William. L’intero equipaggio, compreso lui, morì di fame, ipotermia e di scorbuto.
Percy Fawcett era figlio dell’ufficiale dell’esercito britannico e famoso giocatore di cricket inglese Edward Fawcett. Edward sperperava la ricchezza di famiglia in alcol, gioco d’azzardo e prostitute. Suo figlio, invece, investiva in esplorazioni negli angoli più remoti del pianeta. Nel 1914 Percy Fawcett teorizzò l’esistenza di una città nascosta nel Mato Grosso in Brasile fondata da una civiltà scomparsa, dei cui resti esistevano racconti risalenti al 1753. Dopo aver servito al fronte nella Prima Guerra mondiale, a 58 anni Percy Fawcett organizzò una spedizione per trovare le rovine della città perduta da cui era ossessionato. Raccolse fondi fra diversi milionari dell’epoca e partì per il Brasile con il figlio maggiore Jack, il migliore amico di questo, Raleigh Rimell, equipaggiati a puntino di tutto ciò che gli avrebbe consentito di sopravvivere a lungo e lasciando istruzioni che se fossero scomparsi, nessuna spedizione di soccorso avrebbe dovuto essere inviata per evitare ai soccorritori il loro stesso destino. Il 29 maggio del 1925 si sono perse le loro tracce. Contrariamente alle sue volontà, diverse spedizioni hanno cercato di ritrovare senza successo i tre uomini, uno dei soccorritori è morto durante una di queste. Nel 1927 sono stati dichiarati morti.
Amelia Earhart era la figlia del facoltoso banchiere e giudice federale Alfred Gideon Otis. L’hobby costoso di Amelia era l’aviazione. È stata la prima donna aviatrice a volare da sola attraverso l’Oceano Atlantico e ha stabilito molti altri record durante la sua breve vita. Nel 1936 ha iniziato a pianificare un volo intorno al mondo con il tragitto più lungo di sempre, 29.000 miglia. Il 2 luglio 1937, durante uno dei tentativi di compiere l’impresa, il suo aereo Electra su cui viaggiava col navigatore Fred Noonan è scomparso nel mezzo dell’oceano Pacifico mentre tentavano l’atterraggio su un’isoletta. Non si è mai scoperto con certezza che fine abbiano fatto, e il 5 gennaio 1939 ne è stati dichiarato il decesso.
E poi c’è James Cameron, al quale è sempre andata bene, anche se è sempre stato ossessionato dai relitti dei naufragi che giacciono nelle profondità marine, e ha sempre sognato di vedere il relitto del Titanic sin da bambino. A metà degli anni 90 Cameron ha pensato che solo stanziando il budget per un film colossal avrebbe potuto affrontare quella spesa mostruosa. Ha così potuto arrivare per 33 volte fino quasi a toccare la leggendaria nave affondata nel 1912, realizzando le riprese che ha usato poi per il film che ha vinto 11 Oscar. Ha continuato a fare questo tipo di immersioni marine anche dopo, e nel 2012 ha pilotato lui stesso uno di questi mezzi, il Deepsea Challenger, con cui ha raggiunto il punto più profondo dell’oceano dopo due ore e 36 minuti di discesa dalla superficie.
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