Tutto ciò che ho da dire sulla diatriba Beatrice Venezi vs Elodie
Dico la mia sulla diatriba Beatrice Venez Elodie.
Ho iniziato a scrivere sui giornali nel 1996, e in tutta la mia vita ho rifiutato categoricamente solo due delle migliaia di articoli che mi hanno chiesto di scrivere in questo lungo arco di tempo.
Uno era un elogio all’acqua in bottiglia di plastica, ovviamente basato sul comunicato di una multinazionale che la produceva (e la produce ancora) e che voleva che la facessi passare come l’invenzione migliore dell’umanità, assolutamente innocua per l’ambiente.
L’altro, qualche anno fa, era un’intervista a Beatrice Venezi che un’addetta stampa ha cercato disperatamente di farmi passare come esempio di emancipazione femminile e come un’icona femminista. Le ho spiegato perché declinavo la gentile offerta a partire dalla mia disapprovazione per l’appellativo “direttore”, e lo feci con una tale calma e precisione che l’addetta stamoa mi ritelefonò dopo qualche giorno per dirmi che la pensava esattamente come me ma non aveva potuto dirmelo prima perché mentre mi parlava c’era davanti il suo capo.
Non ho altro da aggiungere. Anzi, no.
Una donna che si permette di dire come dovrebbe comportarsi e vestire un’altra donna non è una donna: è una che spiccia i tavoli del patriarcato dopo cena.