Eh no, non è colpa della pornografia se i vostri figli sono mostri
C’è una narrazione che sta prendendo ingiustamente/pericolosamente piede da quando gli stupri fanno notizia (no, non sono aumentati, sono aumentate le denunce) e molte donne, anche femministe, ci stanno abboccando dando modo ai misogini di scrollarsi di dosso la responsabilità per l’ambiente tossico in cui viviamo e per liberarsi dalla spaventosa ipotesi che il Not All Men sia comunque un Enough Men.
Ovvero: dare alla pornografia la colpa dei comportamenti mascolini bestiali.
Peccato che gli uomini stuprassero anche MOLTO PRIMA prima dell’invenzione del cinematografo, e della discografia, dei video game e dei fumetti, e che gli stupri siano abbondanti nei paesi islamici integralisti, dove il porno è introvabile. Io che nel porno ci ho lavorato a lungo vi spiego cosa non va in questo concetto.
Negli anni 70 accompagnavo la Diva Madre dal parrucchiere e nella saletta d’attesa dove lasciavano noi bambini c’erano anche i giornalini porno mescolati alle altre riviste. Era l’epoca della liberazione sessuale, per cui Gola Profonda veniva passato nei cinema main stream e il porno era esposto nelle edicole insieme ai quotidiani. Qualche edicolante lo teneva sottobanco e lo tirava fuori solo se si avvicinava qualcuno, uomo o donna che diceva “signora, vorrei dei giornalini un po’ così”. Noi bambini, dalla parrucchiera li sfogliavamo senza un controllo degli adulti e ci chiedevamo che gusto ci provassero gli uomini e le donne nelle foto a fare quelle cose. Proprio perché non c’erano proibizioni, ci venivano a noia e passavamo a Topolino. Nessuno dei ragazzini che vivevano nel mio quartiere e che ricordo mentre leggeva quei giornalini con me è diventato un delinquente.
Dare la colpa degli stupri al porno è la nuova via di fuga della gente comune per assolversi dall’incapacità di educare i propri figli, e l’escamotage del cinema main stream per continuare a mandare indisturbato messaggi negativi che si veicolano molto meglio di quelli del porno. In ordine sparso nel tempo le malefatte dei proprii figli sono state attribuite ai cartoni animati giapponesi, alla musica metal, ai videogiochi e – ricordo bene – persino a Dylan Dog. Anni fa la scrittrice Laurell K Hamilton mi ha raccontato sconvolta di come avesse scritto per anni romanzi con accurate descrizioni di morti raccapriccianti, ma che le proteste da parte delle associazioni a tutela dei minori le siano arrivate solo quando ha iniziato a inserire descrizioni di rapporti sessuali.
Riflettiamoci.
Ovvero: dare alla pornografia la colpa dei comportamenti mascolini bestiali.
Peccato che gli uomini stuprassero anche MOLTO PRIMA prima dell’invenzione del cinematografo, e della discografia, dei video game e dei fumetti, e che gli stupri siano abbondanti nei paesi islamici integralisti, dove il porno è introvabile. Io che nel porno ci ho lavorato a lungo vi spiego cosa non va in questo concetto.
Negli anni 70 accompagnavo la Diva Madre dal parrucchiere e nella saletta d’attesa dove lasciavano noi bambini c’erano anche i giornalini porno mescolati alle altre riviste. Era l’epoca della liberazione sessuale, per cui Gola Profonda veniva passato nei cinema main stream e il porno era esposto nelle edicole insieme ai quotidiani. Qualche edicolante lo teneva sottobanco e lo tirava fuori solo se si avvicinava qualcuno, uomo o donna che diceva “signora, vorrei dei giornalini un po’ così”. Noi bambini, dalla parrucchiera li sfogliavamo senza un controllo degli adulti e ci chiedevamo che gusto ci provassero gli uomini e le donne nelle foto a fare quelle cose. Proprio perché non c’erano proibizioni, ci venivano a noia e passavamo a Topolino. Nessuno dei ragazzini che vivevano nel mio quartiere e che ricordo mentre leggeva quei giornalini con me è diventato un delinquente.
Ho visto poi per sbaglio un film porno intorno ai 12-13 anni. Rimasi a bocca aperta dallo stupore, ma sapere bene come andavano le cose mi ha solo resa meno vulnerabile alle molestie, che riconoscevo immediatamente anche se giovanissima. Non sono cresciuta disturbata sessualmente, ho lavorato per 10 anni come segretaria di Riccardo Schicchi con serenità e curiosità e sono rimasta sempre abbastanza lucida da valutare e registrare tutto quello che ho visto.
La sessualità di un individuo si forma comunque tra i 6 e i 13 anni (consiglio la lettura dell’ottimo saggio Perv di Jesse Bering per avere le idee chiare a riguardo), e solo se un bambino vede un porno del genere Rape in quella fascia di età la sua sessualità potrebbe essere determinata da ciò che ha visto. Il genere Rape, che mostra gli stupri simulati, ha iniziato a diffondersi alla fine degli anni 90 come risposta al crescente senso di devirilizzazione degli uomini di fronte alla maggiore emancipazione della donne. Si è trattato di una conseguenza sociale, non di una causa. E da quelli bisogna tenere i ragazzi alla larga. Ma I film porno sono vietati ai minori di 18 anni, se un bambino ne vede uno vuol dire che i genitori non hanno impostato i filtri nei computer e non ci sono blocchi sulle piattaforme. Se proprio non volete che li vedano, usate questi strumenti.
Dare la colpa degli stupri al porno è la nuova via di fuga della gente comune per assolversi dall’incapacità di educare i propri figli, e l’escamotage del cinema main stream per continuare a mandare indisturbato messaggi negativi che si veicolano molto meglio di quelli del porno. In ordine sparso nel tempo le malefatte dei proprii figli sono state attribuite ai cartoni animati giapponesi, alla musica metal, ai videogiochi e – ricordo bene – persino a Dylan Dog. Anni fa la scrittrice Laurell K Hamilton mi ha raccontato sconvolta di come avesse scritto per anni romanzi con accurate descrizioni di morti raccapriccianti, ma che le proteste da parte delle associazioni a tutela dei minori le siano arrivate solo quando ha iniziato a inserire descrizioni di rapporti sessuali.
Riflettiamoci.
Photo by Hanna Postova on Unsplash